La politica europea sta discutendo in questi giorni l’uso degli Uav per fermare i barconi prima della partenza. Il modello è quello dell’operazione Atalanta contro i pirati somali
L’emergenza sbarchi potrebbe coinvolgere anche i droni. Dopo la terribile strage nel Canale di Sicilia, la politica italiana ed europea si interroga su come combattere il traffico di vite umane.
In questo contesto, una soluzione, secondo le voci che circolano in queste ore, potrebbe essere colpire le postazioni e distruggere le barche utilizzate per trasportare i migranti prima che queste partano.
I DRONI PER IL CONTROLLO DEI FLUSSI MIGRATORI
I droni, in un’operazione simile, potrebbero servire sia per operazioni di ricognizione che per vere e proprie azioni militare. Il problema è che, al momento, nessuno stato europeo dispone di Uav armati, che dovrebbero essere ‘presi in prestito’ dagli Stati Uniti.
“Bisogna attuare un controllo sulle coste anche con l’utilizzo di Predator armati di cui l’Italia al momento non dispone – ha dichiarato il presidente della Fondazione Icsa (ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e consigliere militare di tre presidenti del Consiglio), generale LeonardoTricarico -. Vanno colpiti, senza spargere nemmeno una goccia di sangue, le imbarcazioni e i natanti che vengono utilizzati per il traffico di esseri umani”.
I DRONI PREDATOR E L’OPERAZIONE ATALANTA
Il modello, almeno per quanto riguarda le operazioni di ricognizione con i droni, dovrebbe ricordare l’operazione Atalanta, avviata nel Golfo di Aden e nell’Oceano indiano sette anni fa per combattere i pirati. Lo scopo, nel dettaglio, è proteggere le navi mercantili che transitano in quella zona e svolgere inoltre attività di scorta alle navi mercantili del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, incaricate di consegnare aiuti alimentari in Somalia.
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